Dopo una lunga attesa, il comparto dei tributi comunali è stato interessato da una rivoluzione epocale, soprattutto per l’estensione delle materie coinvolte (in termini di contenuti, infatti, la nuova IMU ricalca in larga parte quella precedente).
Si è trattato di un intervento normativo che ha avuto anni di gestazione, con il coinvolgimento di molti degli attori istituzionali: per questo motivo, ha una ossatura in larga parte condivisibile.
L’impostazione - anch’essa in linea di principio ragionevole - è quella di evitare stravolgimenti, cercando di mutuare ove possibile le best practices dei tributi erariali. Per certi versi si è tuttavia ecceduto nel segno della continuità, poiché si è persa un’importante occasione per dare attuazione al recente monito dei giudizi costituzionali che auspicavano l’introduzione di regole ad hoc per rendere più efficiente il recupero coattivo dei crediti di minore entità (Sentenza n. 51/2019).
Va sicuramente salutato con favore l’ingresso dell’accertamento esecutivo nel mondo dei tributi comunali ma occorrerà maneggiarlo con cura, al fine di assicurare che la notifica degli atti vada a buon fine, considerato l’accorciamento di procedura che esso realizza.
Altrettanto positivo è l’effetto di “moralizzazione” degli aggi di riscossione, recato dalla statuizione di tetti massimi assai limitati. Tanto, in piena armonia con la natura di mero rimborso spese dell’aggio suddetto che a questo punto pone un problema indifferibile di revisione della disciplina relativa ad Agenzia delle Entrate – Riscossione. Inoltre, l’introduzione di una normativa specifica in materia di dilazione colma una lacuna denunciata da tempo, che non poteva essere lasciata alla sola regolamentazione locale.
La nuova IMU prova a rimuovere talune delle questioni critiche insorte con il tributo precedente (ad es., regime del coniuge separato, efficacia dell’attribuzione dell’edificabilità, isolamento delle agevolazioni alla sola quota di possesso dell’avente diritto), ma ne lascia irrisolte altre (ad es., gli effetti della risoluzione dei contratti di leasing). Anche in questo caso, la critica che potrebbe muoversi alla riforma è di non avere osato di più, nel senso di ricondurre ad unità la disciplina del tributo, tuttora frammentata in almeno tre provvedimenti legislativi.
Il prelievo sui rifiuti rappresenta ancora un cantiere aperto, in attesa di definire la tariffa del futuro che parrebbe annunciarsi di natura patrimoniale (ma occorre capire cosa ne pensano le Sezioni Unite della Cassazione) e che sembra invece delinearsi a natura mista, in parte patrimoniale (per le utenze domestiche e assimilate e in generale per la quota variabile) e in parte tributaria (per la quota fissa delle imprese che non si avvalgono del servizio pubblico). Nel frattempo bisogna fare i conti con ARERA che ha dato segni inequivoci di voler giocare un ruolo di primo piano, e non prettamente “notarile”, nella concreta elaborazione delle delibere tariffarie.
Da ultimo, non possono mancare all’appello due nuove entrate, a forte impatto operativo, quali il canone sostitutivo dei tributi minori (una scommessa azzardata, anche alla luce del differimento di un anno della sua efficacia) e il nuovo tributo sulle piattaforme petrolifere, che presenta numerose criticità, in primis il suo impatto sui giudizi in corso.